Olaf shom Kirtimukh
Scrittore angloindiano, nato nel 1963, laureato in letteratura inglese, ha lavorato come copywriter a New Delhi e a New York, presso la Ogilvy & Mather, ed è stato insignito di diversi premi per il suo lavoro creativo nella pubblicità, tra cui il Bombay Ad Club, il Creative Artists’ Guild e il Jock Elliott International Good Citizenship prize. Teologo e medievalista formatosi presso l’Università Pontificia Urbaniana, è traduttore di saggi scientifici e autore di romanzi storici. Dal 1998 insegna presso la Trinity School di Roma (filiale del Trinity College di Londra) in qualità di Business & Legal English Coordinator. Tiene corsi di preparazione all’esame IELTS, in particolare alla LUISS; attualmente, presso l’università cattolica LUMSA di Roma, è docente di English Scientific Writing nell’ambito della Laurea Magistrale in psicologia.
Curiosità: Olaf rivendica per la narrativa un altare ben più alto di quanto ci si possa aspettare dalla generica ‘letteratura contemporanea’ e, molto controcorrente, vede nell’opera manzoniana l’ideale a cui aspirare. Nel suo romanzo d’esordio, La Vigilia dell’Eternità (2001, Fazi), sfiora la profezia quando prevede l’elezione al soglio di Pietro del porporato Augusto Moretti Lanfranchi SJ, gesuita e nipote di italiani immigrati in Argentina. Non è solo che, nelle pagine del libro, compaiono più di 30 concordanze tra le vite di Papa Francesco e Padre Augusto, il pontificato di un cardinale proveniente dalla Compagnia di Gesù non si era mai verificato in 473 anni ed era, infatti, ritenuto impossibile dal diritto canonico, fino al 2013. Inoltre, nella Vigilia dell’Eternità si ritrova quanto affermato in un trattato del 1951, La mystérieuse Prophétie des Papes [cfr. pp. 27–32], dove il gesuita belga René Thibaut ipotizzò che, rispetto alla copia rinascimentale conosciuta oggi, il codice originale medioevale delle cosiddette ‘Profezie Papali di San Malachia’ dovesse contenere un motto in più, che era evidentemente andato perduto. Olaf venne a sapere di questa teoria di Thibaut circa il motto mancante di Malachia solo alcuni anni dopo l’uscita del suo romanzo; ma intanto, giunto in modo del tutto indipendente alla medesima conclusione, era andato oltre: aveva scoperto il testo mancante già nel 1994, come racconta nella Vigilia dell’Eternità (stesura terminata nel 1997), dove rivela che il motto è Caput nigrum, oramai citato da giornalisti e perfino da molti ecclesiastici.
Una riflessione sull’attentato allo scrittore indiano Salman Rushdie (12.08.2022)
OLAF shom Kirtimukh VERITY & the VERSES 15.08.22